Ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Nota di approfondimento

Ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Nota di approfondimento

Oggi in Senato abbiamo affrontato il dibattito per la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Un tema drammatico, su cui serve un’assunzione di responsabilità collettiva e un impegno che dia luogo a un profondo cambiamento culturale e sociale.
Per questo penso sia utile favorire un approfondimento sulla Convenzione di Istanbul, anche grazie all’ottima nota predisposta dall’Ufficio legislativo del Gruppo del Partito Democratico del Senato.

A.S. 720
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011
Approvato dalla Camera il 28 maggio 2013
Concluso l’esame in Commissione Esteri del Senato il 5 giugno 2013

La Convenzione, negoziata nel Consiglio d’Europa, è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante ed ha una vocazione tendenzialmente universalistica poichè è aperta alla firma sia degli Stati membri sia degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione (Canada, Santa Sede, Giappone, Messico e Stati Uniti) e dell’Unione europea. Per entrare in vigore, la Convenzione necessita della ratifica di almeno 10 Stati, tra i quali 8 membri del Consiglio d’Europa; al momento, gli Stati firmatari sono 29, e le ratifiche 4 (Albania, Montenegro, Portogallo e Turchia). L’Italia ha sottoscritto la Convenzione il 27 settembre 2012, dopo l’approvazione da parte delle Camere (v. seduta del Senato del 20 settembre 2012 e della Camera dei deputati del 2 settembre 2012) di mozioni e di ordini del giorno volti a tale fine.
La Convenzione definisce il quadro normativo più avanzato dello standard internazionale di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne, di protezione delle vittime e di criminalizzazione dei responsabili.
Nel preambolo è contenuta una condanna esplicita della violenza contro le donne, definita come species di una più ampia fattispecie, quella della “violenza di genere” (gender-based violence) suscettibile di colpire anche gli uomini, ed espressione di condotte di carattere strutturale, condizionate da rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, da meccanismi sociali o culturali di dominazione. In tal senso, la Convenzione si propone di contrastare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi. Essa si propone, inoltre, di garantire una tutela specifica a tutti coloro, donne o uomini, che siano vittime della violenza domestica.
La Convenzione (art. 3) afferma che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed una forma di discriminazione contro le donne. Per questo, fa obbligo agli Ordinamenti interni di criminalizzare alcune condotte (gender-based crimes): la violenza fisica e sessuale, il matrimonio forzato, la violenza psicologica, lo stalking, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto e la sterilizzazione forzati, le molestie sessuali. Contro detti reati non sono adducibili a causa di giustificazione la cultura, gli usi e costumi, la religione, le tradizioni e il cosiddetto “onore”.
La categoria normativa della “violenza domestica” include ogni genere di condotte di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o di un’unità domestica ovvero tra coniugi o ex coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore della violenza condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
L’ulteriore riferimento testuale alla “violenza contro le donne basata sul genere” intende enfatizzare, nel riferimento a ruoli, atteggiamenti, attributi del “genere” (culturalmente e socialmente costruiti e orientati), il carattere discriminatorio di ogni violenza che sia “diretta contro una donna in quanto tale” o che colpisca le donne in misura sproporzionata.
L’articolo 5 della Convenzione descrive gli obblighi internazionali degli Stati contraenti: l’obbligo degli organi statali di astenersi da atti di violenza contro le donne e la prescrizione di uno standard di due diligence nel prevenire, indagare, punire i responsabili e risarcire le vittime per i casi di violenza imputabili a soggetti privati.
In linea con la formula tipica dei trattati europei sul tema, l’impianto della Convenzione è definito secondo le tre “P” ( Prevention, Protection and Prosecution), e dunque la prevenzione, la protezione e il sostegno delle vittime e la punizione degli autori delle violazioni. Pertanto, al contenuto di diritto sostanziale si somma un piano di interventi di prevenzione nonchè misure di protezione ed assistenza, valorizzando l’azione di cooperazione, l’efficienza giurisdizionale e la rete di organizzazioni e di associazioni idonee a realizzare un intervento integrato.

Per un approfondimento della ratifica della Convenzione si rinvia al seguente indirizzo:

http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/dossier/file_internets/000/000/096/Dossier_019.pdf