Asili nido. Il nostro DDL è una rivoluzione culturale, per un Paese più europeo

Asili nido. Il nostro DDL è una rivoluzione culturale, per un Paese più europeo

“Il ddl sull’educazione prescolare da zero a sei anni è un’autentica rivoluzione, una legge attesa da anni che ci consentirà di diventare un Paese più europeo. La verità è che per quanto riguarda l’offerta scolastica non c’è uniformità in Italia e per questo si sentiva la mancanza di una vera e propria legge che creasse una cornice nazionale. In Toscana e in Emilia Romagna, Regioni, enti locali, terzo settore hanno investito molte risorse nell’educazione scolastica, negli asili nido, nella scuola materna. In altre regioni non è stato fatto quasi nulla e questa disparità crea sempre più disuguaglianze”. Lo dichiara la senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi, firmataria del disegno di legge che è stato presentato questa mattina al Senato.

“Serve una vera e propria rivoluzione culturale, bisogna che le amministrazioni locali considerino l’educazione fondamentale a partire dagli asili nido. Con questo ddl, che contiamo di approvare dopo la pausa estiva – Prosegue Di Giorgi – lo Stato si farà carico di creare un sistema virtuoso che promuoverà l’importanza dell’educazione da zero a sei anni in tutte le regioni d’Italia e favorirà lo sviluppo dell’occupazione femminile. E’ necessario, poi, che nell’offerta di asili nido il settore pubblico e quello privato lavorino insieme per garantire sempre quella qualità ed eccellenza che ci viene richiesta per essere al passo con l’Europa. Dare in gestione un asilo nido a un’azienda privata non è uno scandalo, è condizione necessaria per fornire un servizio diffuso a tutti all’altezza dei nostri tempi. E’ il monitoraggio svolto dall’amministrazione pubblica la chiave di volta per avere servizi eccellenti che le nostre bambine e bambini meritano. Questo disegno di legge – conclude Di Giorgi – fa parte di una strategia avviata dal Governo Renzi che prevede incentivi ed aiuti economici direttamente alle madri come già avviene in altri Paesi europei, più sensibili al sostegno alla natalità”.

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