Stati Generali Innovazione. Open Talk – la Carta d’Intenti per l’Innovazione un anno dopo. Cosa fare in Italia, le priorità per l’Europa.

Stati Generali Innovazione. Open Talk – la Carta d’Intenti per l’Innovazione un anno dopo. Cosa fare in Italia, le priorità per l’Europa.

STATI GENERALI INNOVAZIONE

28 Aprile 2014 – Roma

Regione Lazio – Sala Tirreno

 

Change the game: 28 aprile, Roma – Evento annuale Stati Generali Innovazione

Open Talk – la Carta d’Intenti per l’Innovazione un anno dopo. Cosa fare in Italia, le priorità per l’Europa.

 

In occasione dell’open-talk nazionale organizzato dagli Stati Generali dell’Innovazione ho ritenuto di aderire alla Carta d’Intenti per l’Innovazione, presentata dall’Associazione Stati Generali dell’Innovazione nel mese di febbraio 2013 nel corso del Convegno “Meglio tardi che mai”, svoltosi presso il CNR a Roma.

Nel documento sono indicate dieci priorità programmatiche (più una, dedicata alla promozione di politiche di innovazioni sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere),sulle quali i promotori della Carta chiedono l’impegno del Governo e degli eletti nelle assemblee legislative nazionali e territoriali (rispetto a specifiche competenze delle Regioni)

Invito a sottoscrivere la Carta reperibile al link: http://www.statigeneralinnovazione.it/wiki/index.php?title=Carta_d%27Intenti_per_l%27Innovazione

 

Oltre che componente della 7° Commissione permanente del Senato, faccio parte anche della Commissione bicamerale per la semplificazione che ha lavorato nei mesi scorsi, procedendo all’audizione di una vasta platea di soggetti pubblici e di rappresentanti degli imprenditori, delle organizzazioni sindacali, del mondo cooperativo, dei consumatori e degli utenti
, di esperti della materia e docenti universitari.

Desidero riprendere una parte del documento conclusivo relativo alla digitalizzazione e semplificazione, poiché, a mio avviso, è significativo e decisamente in linea con la Carta d’Intenti per l’Innovazione:

“Tutti hanno sottolineato la funzionalità della digitalizzazione rispetto ad una semplificazione delle procedure e ad un abbattimento dei costi, evidenziando la necessità di «rafforzare i collegamenti telematici tra le imprese e la Pubblica amministrazione e tra le stesse Pubbliche amministrazioni» (…). Il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (…) ha segnalato che «In Gran Bretagna, si stanno sperimentando molte procedure di gara sul Web e questo crea minori costi per le imprese, trasparenza, evita gli accordi tra le imprese. Non c’è la situazione della segnalazione di qualche nominativo. È tutto molto più lineare». 
Si tratta di un tema cruciale, che andrebbe affrontato in maniera organica, con particolare riguardo ai seguenti profili: 
la definizione dell’organismo competente a livello nazionale, che ha visto il succedersi nel giro di pochi anni di numerosi soggetti, senza che tale successione assicurasse una migliore strutturazione e quindi una maggiore capacità di incidere in un settore cruciale. Si è infatti passati – in un arco di circa 20 anni – dall’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, a DigitPA ed infine all’Agenzia per l’Italia digitale; il rafforzamento del raccordo tra il Parlamento e la cabina di regia per l’attuazione dell’agenda digitale italiana, istituita a livello governativo dall’articolo 13 del decreto-legge n.69/2013. Quest’ultima, tra l’altro, avrebbe dovuto presentare al Parlamento, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del citato decreto-legge, un quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi avviati e del loro stato di avanzamento e delle risorse disponibili che costituiscono nel loro insieme l’agenda digitale; 
la realizzazione di una mappatura delle reti, nella prospettiva di connetteretutte le pubbliche amministrazioni, anche al finedi evitare che richiedano a cittadini ed imprese dati già in loro possesso; 
l’archiviazione dei documenti in formato esclusivamente digitale; 
l’attuazione della già richiamata agenda digitale italiana.(…) Tale attuazione dovrebbe realizzare l’obiettivo di semplificare la vita di cittadini ed imprese attraverso la possibilità di: effettuare pagamenti on line; acquisire la carta d’identità elettronica (prevista dal lontano 2005 e non ancora realizzata) e la tessera sanitaria sullo stesso supporto, anche al fine di accedere ai diversi siti pubblici senza necessità di registrarsi ogni volta, dovendo digitare codici diversi; accedere agli open data; creare una piattaforma dei debiti della pubblica amministrazione, anche al fine di compensarli con gli oneri a carico di cittadini ed imprese; favorire la fatturazione elettronica.

Strumentale a tutto questo, ovviamente, è la velocità di connessione”.

 


Politiche di innovazioni sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere

Il tema sollevato dall’ultima delle priorità indicate nella Carta d’Intenti sollecita fortemente l’attenzione del legislatore affinché siano iniziative per colmare il digital divide di genere.

 

Situazione attuale

Qual è la situazione attuale per quanto riguarda le politiche dell’innovazione e le donne in Italia?

Partiamo da una semplice osservazione.

Nel mondo delle nuove tecnologie la presenza delle donne non è significativa: in Italia pochissime ragazze scelgono una specializzazione informatica; come noto, a livello europeo esiste un network molto attivo, l’European Centre for Women and Technology che è nato proprio con lo scopo di promuovere una maggiore presenza di ragazze nei percorsi di studio e di lavoro nell’ambito delle ICT e di integrare una prospettiva di genere nelle politiche per l’innovazione, dove il genere maschile è ancora nettamente prevalente.

Si consideri che nel “Patto europeo per l’uguaglianza di genere” adottato dal Consiglio europeo nel 2011 la parità uomo/donna è riconosciuta come un valore fondamentale per l’Unione Europea e le politiche che la sostengono sono ritenute fondamentali per stimolare la crescita economica, la prosperità e la competitività.

Tra le misure proposte, figura anche la promozione dell’imprenditoria femminile e della partecipazione delle donne alla vita politica ed economica. Sono previste linee di finanziamento all’imprenditoria femminile; rispetto alla programmazione 2014/2020, le imprese femminile saranno sostenute dal Programma COSME (Competitiveness of Enterprises and SMes) che ha, tra gli altri, anche l’obiettivo di creare nuovi strumenti per sostenere la competitività in Europa.

Senza l’attuazione di politiche per l’innovazione e con uno scarso utilizzo delle nuove tecnologie, sia nei rapporti tra amministrazioni che tra amministrazioni e cittadini e imprese, la crescita economica resterà debole.

 

Cosa fare

 

Le nuove tecnologie devono diventare il motore per creare lavoro e sviluppo e raggiungere gli obiettivi per l’Europa 2020.

E’ pertanto necessario:

 

o   migliorare le condizioni generali e l’accesso ai finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, facendo in modo che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la crescita e l’occupazione

o   ” migliorare l’efficienza dei sistemi di insegnamento e agevolare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro

o   accelerare la diffusione dell’internet ad alta velocità e sfruttare i vantaggi di un mercato unico del digitale per famiglie e imprese.

 

Occorre ridurre il digital divide di genere per fare spazio al capitale femminile e far diventare il digitale uno strumento di inclusione, favorendo, per esempio, il telelavoro. Questa modalità di lavoro potrebbe incidere in modo benefico anche sul tessuto urbano,in termini di minori spostamenti e di risparmio di risorse. Le città potrebbero diventare smart cities ridisegnando l’assetto urbano sulla base delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie in ogni settore.

Tenuto conto anche della presenza notevole di donne straniere nel territorio italiano (totale   cittadini non italiani (U.E. e non U.E.) residenti 4.387.721 di cui il 49,3%donne) e di quanto la diversità possa rappresentare una risorsa, è necessario praticare una politica di integrazione che sviluppi anche le competenze digitali e che insegni ad utilizzare il computer alle giovani donne straniere che arrivano in Italia per ricongiungimento familiare.

In altri Paesi europei esistono specifici progetti che rientrano nella Strategia europea per educazione multiculturale; in particolare, un interessante – e replicabile –   progetto ha coinvolto Svezia, Germania, Repubblica Ceca e Austria:

o   le biblioteche tradizionali sono state trasformate, nell’arco di due anni, in biblioteche interculturali e multiculturali per tutti gli abitanti delle città coinvolte

o   è stata creata una sinergia tra le biblioteche multiculturali e i programmi di integrazione

o   sono stati realizzati corsi e letture nelle diverse lingue, storie raccontate ai bambini a più voci e corsi per superare il digital gap – specialmente per le donne

 

 

       In che modo? Cominciare dal basso, con qualche esempio:

 

  • integrare l’ottica di genere in tutte le politiche, partendo dal livello locale. Per esempio, nei regolamenti per il funzionamento dei Consigli comunali dovrebbe essere previsto che le Commissioni consiliari – nelle diverse vesti in cui svolgono la loro attività (consultiva, redigente o referente) , adottano la prospettiva di genere per valutare se gli atti di competenza del Consiglio incidano direttamente o indirettamente sulla condizione della donna; d’altra parte, la stessa Commissione europea sottolinea che è necessario integrare la prospettiva di genere in ogni fase del processo politico – progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione – al fine di promuovere la parità uomo/donna
  • applicare le tecnologie dell’innovazione alle micro-imprese artigiane e a quelle del sistema turistico commerciale, come per esempio prevede la Toscana nel suo Piano regionale di sviluppo 2011/2015
  • rimanendo in Toscana, la Regione ha approvato l’Atto di indirizzo pluriennale in materia di ricerca e innovazione nel quale si sottolinea che il mondo dell’università e della ricerca potrà e dovrà svolgere un ruolo chiave per accompagnare la Toscana verso un sentiero di sviluppo nuovo rispetto al passato, non solo formando capitale umano, producendo nuova conoscenza di frontiera e valorizzandola, ma anche fornendo alle imprese toscane esistenti e a quelle nuove stimolate dalla ricerca stessa conoscenze utili all’innovazione e realizzando assieme ad esse nuova ricerca e soluzioni applicative.Nel Documento approvato, si sottolinea che “dovrà essere posta particolare attenzione alle politiche di genere, affinché possa essere incentivato il ruolo femminile anche relativamente alle ricerca ed innovazione”.
  • favorire il raccordo fra imprese e mondo della ricerca e dell’innovazione, incentivando stages e tirocini in aziende – anche nell’ambito di partenariati europei – premiando chi terrà conto delle politiche di genere

 

Le “pari opportunità digitali” e, dunque la e-inclusion di genere possono essere raggiunte mettendo a fuoco quali sono i fattori che le ostacolono: fra questi, in primo luogo, l’istruzione: la scuola deve essere al centro, come indicato nelle priorità della Carta d’Intenti, “come luogo di investimento e di creazione di valore” ; in secondo luogo, il lavoro (nelle nuove forme, già avviate in altri Paesi europei) e l’aumento dei servizi di assistenza all’infanzia.