Tavola rotonda Aidda Toscana. Gli interventi normativi per il lavoro femminile in questa legislatura

Tavola rotonda Aidda Toscana. Gli interventi normativi per il lavoro femminile in questa legislatura

Si è tenuta oggi la tavola rotonda di AIDDA Toscana dove si è discusso di imprenditoria femminile e delle nuove leggi. Negli ultimi decenni la condizione delle donne nel mercato del lavoro in Italia è stata oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere equiparazione dei diritti e maggiori tutele. Mi fa piacere proporvi alcune mie riflessioni e una rassegna delle disposizioni varate nell’attuale legislatura.

 

CONCILIAZIONE VITA-LAVORO 

Il D.Lgs. 80/2015 (attuativo del cd. Jobs act) contiene misure dirette, in particolare, alla tutela della maternità e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali.

Le principali novità introdotte sono:

  • Ampliamento dell’ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
  • congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all’estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
  • congedo parentale viene esteso dall’ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino e la fruizione può essere anche su base oraria. L’indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
  • indennità di maternità viene corrisposta anche alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS: anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente o in caso di adozione o affidamento;
  • per le lavoratrici autonome, l’indennità di maternità viene estesa ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
  • tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, viene inserita anche la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
  • in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, si prevede che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata (38,3 milioni di euro per l’anno 2016, 36,2 milioni di euro per l’anno 2017 e 35,6 milioni di euro per l’anno 2018).

In tema di congedi, segnalo che la legge di bilancio 2017 ha prorogato il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente. Il congedo deve essere goduto, anche in via non continuativa, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e la sua durata è pari a 2 giorni per il 2017 e a 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante).

Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall’articolo 8, commi 5 e 7, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act), secondo cui:

  • in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
  • il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

Nell’ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientra anche il cosiddetto voucher babysitting, una misura sperimentale per il triennio 2013-2015, che riconosce alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, nonché alle madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, la possibilità di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l’infanzia.

Il voucher babysitting è stato poi esteso anche per il 2017 e 2018 alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici.

Da ultimo, mi preme segnalare che la L. 81/2017 è intervenuta apportando alcune modifiche sostanziali alla disciplina dei congedi parentali per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione separata disponendo, in particolare:

  • che le lavoratrici iscritte alla Gestione separata possono fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l’indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
  • il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
  • l’applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo

DIMISSIONI IN BIANCO 

Per contrastare la pratica riguardante prevalentemente le lavoratrici delle cd. dimissioni “in bianco” – consistente nel far firmare le dimissioni al lavoratore al momento dell’assunzione (in bianco, appunto) e quindi nel momento in cui la sua posizione è più debole – il decreto legislativo n.151/2015 (attuativo del cd. Jobs act) ha modificato la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prevedendo che le dimissioni sono valide solo se redatte in modalità telematica su appositi moduli, resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

VIOLENZA DI GENERE 

Il decreto legislativo 80/2015 ha poi introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere, riconoscendo alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private (con esclusione del lavoro domestico) e alle lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, inserite in percorsi certificati di protezione relativi alla violenza di genere, la possibilità di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di tre mesi (coperto da contribuzione figurativa), con diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione

Inoltre, l’articolo 14, comma 6, della L. 124/2015 (legge delega di riforma della P.A.) dispone che la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l’amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

Da ultimo, l’articolo 1, commi 241 e 242, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha esteso il diritto di usufruire del predetto congedo anche alle lavoratrici autonome vittime di violenza di genere, sempre per un periodo massimo di tre mesi, con diritto a percepire una indennità giornaliera dell’80 per cento del salario minimo.

WELFARE AZIENDALE 

L’articolo 1, commi da 182 a 189, della L. 208/2015 (Stabilità 2016) ha reintrodotto, in via permanente, una tassazione sostitutiva per i premi di produttività e per le somme erogate a titolo di partecipazione agli utili dell’azienda, prevedendo anche, al fine di dare impulso allo sviluppo del welfare aziendale, la possibilità di convertire i premi in denaro in prestazioni di welfare aziendale (servizi di assistenza ad anziani, servizi di istruzione, ecc.) esclusi dall’imposizione IRPEF.

L’articolo 1, commi da 160 a 162, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), ha innalzato i limiti dell’imponibile ammesso al beneficio (da 2.000 a 3.000 euro) e la soglia di reddito entro la quale esso è riconosciuto (da 50.000 a 80.000 euro annui). Inoltre, ha disposto che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, e sono quindi esclusi da ogni forma di imposizione, i contributi alle forme pensionistiche complementari e i contributi di assistenza sanitaria, nonché il valore di azioni offerte alla generalità dei dipendenti, anche se ricevute per un importo complessivo superiore a quello escluso dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF. Sono altresì esclusi dalla base imponibile IRPEF i contributi e i premi versati dal datore di lavoro (in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti), per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita o il rischio di una malattia grave, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente. Viene infine specificato che tra le opere ed i servizi riconosciuti dal datore di lavoro per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, rientrano quelli riconosciuti in conformità a disposizioni di contratti di lavoro non solo aziendali (come previsto dalla normativa vigente), ma anche nazionali, territoriali o interconfederali.

Da ultimo, l’articolo 55 del D.L. 50/2017 riporta, limitatamente ai contratti aziendali o territoriali sottoscritti dalla data della sua entrata in vigore (24 aprile 2017), a 3.000 euro (da 4.000) il limite massimo di importo complessivo dell’imponibile ammesso al regime tributario agevolato per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro ed introduce, con riferimento ad una quota degli emolumenti in oggetto non superiore a 800 euro, le seguenti misure aggiuntive:

  • una riduzione, pari a venti punti percentuali, dell’aliquota contributiva pensionistica a carico del datore di lavoro;
  • l’esclusione di ogni contribuzione a carico del dipendente;
  • la corrispondente riduzione dell’aliquota di computo per il calcolo del trattamento pensionistico (nell’ambito del sistema cosiddetto contributivo).

FONDO PER LE POLITICHE RELATIVE ALLE PARI OPPORTUNITÀ

LE RISORSE DEL FONDO 

Con l’intento di promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, nel 2006 è stato istituito il Fondo nazionale per le politiche relative di diritti e alle pari opportunità  con una dotazione iniziale di 3 milioni di euro per l’anno 2006 e di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007..

Tra gli interventi legislativi che prevedono una specifica destinazione delle risorse del Fondo si ricordano in particolare:

– l’articolo 13, comma 3, del D.L. n. 11/2009 (conv. L. n. 38/2009), che autorizza la spesa di 1 milione di euro a decorrere dal 2009 per l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio – Dipartimento pari opportunità del numero verde per le vittime di stalking, disponendo che si provveda mediante l’utilizzo del Fondo pari opportunità;

– l’art. 5, comma 1, del D.L. 93/2013 (conv. L. n. 119/2013), che stabilisce che per l’adozione del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere il Ministro delegato per le pari opportunità può avvalersi delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Il decreto-legge dispone al riguardo un incremento del predetto Fondo per le pari opportunità di 10 milioni di euro, limitatamente all’anno 2013, vincolati al finanziamento del piano contro la violenza di genere (art. 5, comma 4). Per gli anni 2014, 2015, e 2016 ha provveduto la legge di stabilità 2014, aumentando ulteriormente il Fondo di 10 milioni per ciascuno di questi anni, con vincolo di destinazione al piano medesimo (art. 1, comma 217, L. n. 147/2013).

– l’art. 5-bis, comma 2, D.L. n. 93/2013 (conv. L. n. 119/2013) che ha incrementato il Fondo per le pari opportunità di 10 milioni di euro per il 2013, di 7 milioni per il 2014 e di 10 milioni annui a decorrere dal 2015 per il potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza. Il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, provvede annualmente a ripartire le risorse tra le regioni, tenendo conto di una serie di criteri indicati dalla legge.

Nella legge di bilancio 2017 è previsto un incremento di 50 milioni delle somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio per le politiche delle pari opportunità per l’anno 2017. Tale aumento è determinato in massima parte da un rifinanziamento di 39,6 milioni di euro per l’anno 2017 ad opera della sezione II del bilancio. L’ulteriore incremento è ascrivibile alla sezione I della legge, che all’articolo 1, comma 359, aumenta di 5 milioni di euro all’anno nel triennio 2017-2019 la dotazione finanziaria del capitolo in favore del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, nonché, al comma 371, aumenta di 5 milioni di euro le risorse del Fondo per le misure anti-tratta per l’anno 2017. 

Pertanto, le previsioni di spesa per la promozione e la garanzia delle pari opportunità sono pari a 70,1 milioni di euro per il 2017, 24,7 milioni per il 2018 e 22,1 milioni di euro per il 2019. Accanto a ciò, la legge di bilancio (art. 1, co. 358) prevede la possibilità di destinare risorse aggiuntive in favore delle politiche di pari opportunità, nel limite massimo di 20 milioni di euro per il 2017, a valere sulle risorse dei pertinenti programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020.

LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL GOVERNO SULLE PARI OPPORTUNITÀ 

Nel corso dell’audizione alla Camera del 13 ottobre 2016 sulle linee programmatiche relative alle deleghe conferite in materia di pari opportunità la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha ricordato come al Dipartimento per le pari opportunità siano attribuite competenze molto ampie, non soltanto con riguardo alle politiche di genere, ma anche con riguardo al lavoro svolto in collaborazione con l’UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) per quanto riguarda le politiche antidiscriminatorie. 

In tale sede ha ricordato come da fine giugno a ottobre 2016 la priorità sia stata rappresentata dalla piena attuazione del Piano contro la violenza di genere, attraverso l’individuazione dei criteri di riparto delle risorse e, quindi, l’erogazione delle risorse medesime, al fine di premiare il merito e la qualità dei centri antiviolenza e di molte case rifugio che da anni operano su tutto il territorio italiano e che hanno messo in campo azioni positive. Lo sforzo che il Governo intende portare avanti è anche quello di individuare delle linee comuni di rendicontazione delle medesime risorse, anche attraverso il sito web del Dipartimento, al fine di poter dare contezza in modo puntuale dell’utilizzo delle risorse. Secondo le indicazioni previste dal Piano, si intende svolgere un lavoro che riguardi non soltanto la fase di prevenzione, ma eventualmente anche quella di assistenza e di reinserimento. 

Per quanto riguarda il lavoro svolto dal Dipartimento per l’imprenditoria e il lavoro femminile, colto a migliorare il livello di occupazione femminile e l’equiparazione salariale tra uomini e donne, la Ministra ha ricordato come il Dipartimento ha messo a disposizione un fondo rotativo di garanzia per l’imprenditoria femminile che è stato esteso anche alle lavoratrici autonome e alle libere professioniste. In questi due anni ha comportato garanzie per oltre 790 milioni di euro e, quindi, progetti legati all’imprenditoria femminile per un valore di oltre 1,2 miliardi di euro. Il fondo è stato implementato da qui a fine anno. L’intenzione espressa dalla Ministra è quella di poter avere la possibilità di confermare il fondo ed eventualmente accrescerlo anche per quanto riguarda il 2017.

Ha richiamato infine la relazione inviata al Parlamento sul tema dell’attuazione della legge 12 luglio 2011, n. 120, e su come i dati segnalino un incremento del ruolo delle donne nell’ambito dei Consigli di amministrazione. Si è passati negli ultimi due anni dal 17,5 per cento all’oltre 25 per cento di presenza femminile. Il lavoro del Dipartimento per le pari opportunità svolge un monitoraggio e anche di censura, laddove le norme invece non vengano rispettate.

Nel corso dell’audizione è stato ricordato infine il lavoro di contrasto alle varie forme di discriminazione, che viene svolto attraverso la collaborazione con l’UNAR di contrasto alle varie forme di discriminazione. Il lavoro dell’Ufficio contro le discriminazioni ha portato anche alla predisposizione di una serie di progetti per politiche che mirino al superamento delle discriminazioni con riguardo a diverse strategie, non soltanto quella contro la discriminazione legata all’orientamento sessuale, ma anche quelle legate alle discriminazioni basate sulla razza e l’etnia. Sono stati altresì riaperti una serie di tavoli di confronto non soltanto con le confessioni religiose, ma anche con le comunità e, quindi, con le rappresentanze Rom, Sinti e Camminanti.

AUTOIMPRENDITORIALITÀ E IMPRENDITORIA FEMMINILE

Nel corso dell’attuale legislatura, si è operata una riforma della disciplina degli incentivi all’autoimprenditorialità-imprenditoria giovanile.

Il D.L. 145/2013 ha riformato la disciplina sulla nuova imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dell’erogazione dei servizi inserendo un nuovo Capo 01 nel D.Lgs. n. 185/2000, in sostituzione di quanto previsto dai Capi I, II e IV del medesimo D.lgs. che sono conseguentemente abrogati.

Gli incentivi in questione sono stati estesi a tutto il territorio nazionale e non più alle aree svantaggiate del Paese.

Per ciò che concerne le tipologie di benefici concedibili per la nuova imprenditorialità nella produzione dei beni e dei servizi, la riforma ha eliminato i contributi a fondo perduto e previsto la sola concessione di mutui agevolati per gli investimenti, a tasso zero, per una durata massima di otto anni e per un importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile ai sensi della normativa comunitaria (nuovo articolo 2).

Inoltre, la riforma ha esplicitato che l’ammissibilità degli incentivi deve essere valutata nei limiti della disciplina europea sugli aiuti di stato di importanza minore (c.d. “de minimis”).

Quanto ai requisiti soggettivi ai fini dell’accesso ai benefici essi sono costituiti dalla novità dell’impresa (imprese costituite da non più di 12 mesi dalla data di presentazione della domanda di agevolazione); la dimensione dell’impresa: deve trattarsi di imprese di micro e piccola dimensione secondo la classificazione europea, di cui all’Allegato I del Reg. CE n. 800/2008, ossia un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro (piccola impresa) oppure un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro (microimpresa).

Restano fermi i requisiti della costituzione in forma societaria e quello per cui la compagine societaria sia costituita, per oltre la metà numerica di soci e quote, da soggetti in età compresa tra 18 e 35 anni.

Le iniziative finanziabili devono prevedere investimenti non superiori a 1,5 milioni di euro, nella produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero della fornitura di servizi alle imprese, incluse le iniziative nel commercio e nel turismo, nel commercio e nel turismo, nonché iniziative relative ad ulteriori settori individuati dal decreto ministeriale di attuazione D.M. 8 luglio 2015, n. 140.

Si conferma l’affidamento ad Invitalia S.p.A del compito di provvedere alla selezione delle domande e alla erogazione delle agevolazioni, nonché all’assistenza tecnica dei progetti e delle iniziative presentate.

Per ciò che concerne le risorse finanziarie disponibili, la concessione delle agevolazioni è disposta a valere sulle disponibilità del Fondo rotativo per le agevolazioni all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego istituito presso il MEF, derivanti dai rientri dei mutui concessi. Le predette disponibilità possono essere incrementate da eventuali ulteriori risorse derivanti dalla programmazione nazionale e comunitaria.

La riforma ha anche esteso dei benefici all’imprenditoria femminile.

OPZIONE DONNA La cd. “opzione donna” è un istituto, transitorio e sperimentale, che permette alle lavoratrici l’accesso al trattamento pensionistico anticipato in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi, con il sistema di calcolo integralmente contributivo.

EVOLUZIONE NORMATIVA 

L’articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 ha introdotto una misura sperimentale (cd. opzione donna) che prevede la possibilità per le lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti o 58 anni per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico da adeguarsi periodicamente all’aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dopo la riforma pensionistica realizzata dal D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero), che ha notevolmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso al trattamento pensionistico, consentendo alle lavoratrici di anticipare di parecchi anni l’uscita dal lavoro, sia pur con una riduzione dell’importo della pensione. La riforma Fornero ha confermato la possibilità di accedere ad un pensionamento anticipato avvalendosi dell’opzione donna, a condizione che le lavoratrici che maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015.

INTERVENTI NELLA XVII LEGISLATURA 

La previsione che i requisiti anagrafici e contributivi previsti per l’esercizio dell’opzione donna dovessero essere maturati entro il 31 dicembre 2015 ha posto significativi problemi interpretativi. L’INPS, infatti (con le circolari 35 e 37 del 2012 e con il messaggio 219/2013), ha dato a tale previsione un’interpretazione restrittiva, ritenendo che la data del 31 dicembre 2015 andasse interpretata come termine di decorrenza della prestazione, non essendo sufficiente la semplice maturazione dei requisiti entro tale data. Sulla questione sono intervenute le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che hanno approvato risoluzioni (rispettivamente la 7-00159/2013 e la 7-00040/2013) volte ad escludere l’applicazione della finestra mobile e degli incrementi legati all’aspettativa di vita, ritenendo sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

L’articolo 1, comma 281, della L. 208/2015 (Stabilità 2016) ha posto fine ai suddetti problemi interpretativi, precisando l’ambito temporale di applicazione dell’istituto (comunque transitorio e sperimentale). La nuova norma ha previsto, infatti, che l’accesso all’istituto è possibile anche qualora la decorrenza del trattamento sia successiva al 31 dicembre 2015, essendo sufficiente la maturazione dei requisiti entro tale data.

Da ultimo, l’articolo 1, commi 222 e 223, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha ulteriormente esteso la possibilità di accedere alla cd. opzione donna alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti (di cui all’art. 1, c. 9, della L. 243/2004) a causa degli incrementi determinati dall’adeguamento dei medesimi all’aumento della speranza di vita (di cui all’art. 12 del D.L. 78/2010).

 

MISURE A SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA

Nel corso della Legislatura è stata varata l’attesa riforma dell’ISEE e si è proseguito con il finanziamento della Carta acquisti, utilizzata sia come misura di sostegno al reddito (Carta acquisti ordinaria) per anziani al di sopra dei 65 anni o bambini al di sotto dei 3 anni, che come strumento di inclusione sociale (Carta acquisti sperimentale/Sostegno per l’inclusione attiva-SIA) per i nuclei familiari in situazione di disagio lavorativo dove siano presenti minori. Le leggi di stabilità per il 2015 e per il 2016 hanno poi introdotto specifiche misure di carattere temporaneo a sostegno del nucleo familiare. La legge di stabilità 2015 ha infatti previsto un beneficio economico per i nuovi nati e per i bimbi adottati nel periodo 1 gennaio 2015 – 31 dicembre 2017 all’interno di nuclei familiari con determinati redditi ISEE (bonus bebé) insieme a misure economiche di sostegno per l’acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari disagiati. In seguito, la legge di stabilità 2016 ha prefigurato l’avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA. Più recentemente, la legge di bilancio 2017 ha previsto un premio alla nascita o all’adozione di minore, pari ad 800 euro, e ha introdotto, a regime, l’erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. 

FONDO POLITICHE PER LA FAMIGLIA 

Il Fondo, istituito ai sensi dell’art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006, è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006(legge finanziaria 2007).

Nel 2010, le risorse del Fondo erano pari a circa 185 milioni di euro. 

Dal 2011 il Fondo ha subito un forte ridimensionamento, con conseguente azzeramento dei trasferimenti di risorse al sistema delle autonomie (la consistenza effettiva del Fondo nel 2011,è risultata pari a circa 25 milioni di euro). 

Nel 2012, l’importo del Fondo, pari a circa 32 milioni di euro, è stato incrementato, arrivando a 70 milioni di euro.

Nel 2013 e nel 2014, le risorse impegnate nel Fondo sono state pari a 21 milini euro.  

Per il 2015, la previsione si è attestata a circa 18,3 milioni di euro. Si ricorda che la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 132, della  legge 190/2014) ha disposto, a partire dal 2015, uno stanziamento a regime a favore del Fondo, pari a 5 milioni di euro, finalizzato al sostegno delle adozioni internazionali e al pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali.

Per il 2016 le risorse del Fondo, la cui previsione era pari a 22,6 milioni, ammontano a 2,6 milioni di euro in quanto i commi 224-226 della stabilità 2016 (legge 208/2015) hanno istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un autonomo Fondo per le adozioni internazionali, dotato, a decorrere dal 2016, di 15 milioni annui. Il Fondo per le politiche per la famiglia – presso il quale le risorse per il sostegno alle adozioni internazionali erano finora appostate – è stato conseguentemente ridotto di pari entità dal comma 225. La gestione del Fondo per le adozioni internazionali è stata assegnata al segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per coordinamento, il comma 226 ha eliminato dalle finalizzazioni del Fondo per le politiche della famiglia, previste dalla legge finanziaria 2007, il sostegno alle adozioni internazionali e alla relativa Commissione.

Per il triennio 2017-2019, la dotazione del Fondo risulta pari a circa 5 milioni di euro.

BONUS BEBÉ 

La legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), ai commi da 125 a 129, ha previsto, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. L’assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo – è corrisposto fino al compimento del terzo anno d’età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione. Per poter ottenere il beneficio economico si richiede tuttavia la condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. L’importo dell’assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. L’assegno è corrisposto dall’INPS, su domanda del genitore, con cadenza mensile, per un importo pari a 80 euro se la misura annua dell’assegno è pari a 960 euro ovvero per un importo pari a 160 euro se la misura annua dell’assegno è pari a 1.920 euro. L’assegno è corrisposto ai cittadini italiani, UE, e stranieri in possesso di permesso di soggiorno. Il finanziamento della misura è stato previsto fino al 2020: 202 milioni di euro per il 2015, 607 milioni per il 2016, 1.012 milioni per ciascun anno del biennio 2017-2018, 607 milioni per il 2019 e 202 milioni di euro il 2020. Il D.P.C.M. 27 febbraio 2015 ha definito le procedure necessarie per l’erogazione e il monitoraggio del beneficio. Il numero delle domande presentate e accolte ad oggi è pari a 216.344, di cui 108.477 sono relative al limite ISEE fino a 7.000 euro, mentre le restanti 107.867 domande sono relative al limite ISEE compreso tra 7.000 e 25.000 euro. Le domande respinte sono pari a 12.939 ( vedi risposta all’interrogazione 5-07825 Lenzi: Beneficiari delle misure di sostegno alle famiglie con bambini fino a tre anni previsti dalla legge di stabilità per il 2015).

PREMIO ALLA NASCITA 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all’adozione di minore, pari ad 800 euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall’INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione.

Con la circolare n. 78 del 28 aprile 2017, l’INPS ha comunicato che, a partire dal 4 maggio 2017, sarà messa in esercizio la procedura di acquisizione delle domande che dovranno essere trasmesse all’Istituto esclusivamente in via telematica. Il premio è corrisposto direttamente dall’INPS che, su domanda della donna gestante o della madre del minore, provvede al pagamento dell’importo di 800 euro per evento ed in relazione ad ogni figlio nato o adottato/affidato.

BUONI PER FAMIGLIE CON QUATTRO O PIÙ FIGLI 

Il comma 130 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) ha stanziato 45 milioni di euro, per la concessione di buoni per l’acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari con quattro o più figli in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore ISEE non superiore a 8.500 euro annui. L’importo è stato stanziato per il solo 2015. Il D.P.C.M. 24 dicembre 2015 (pubblicato sulla G.U. n. 35 del 12 febbraio 2016) ha stabilito l’ammontare massimo del beneficio per nucleo familiare e le modalità attuative di erogazione. Il beneficio, fissato in importo pari a 500 euro per nucleo familiare, è stato riconosciuto ai nuclei familiari con un numero di figli minori, pari o superiori a quattro, già destinatari con riferimento al 2015 dell’assegno per i tre figli minori e con ISEE non superiore a 8.500 euro. Ai fini del riconoscimento del beneficio non è prevista ulteriore domanda dell’interessato rispetto a quella già presentata ai fini della concessione dell’assegno per i tre figli minori. Il beneficio è riconosciuto direttamente dall’INPS al momento dell’erogazione dell’assegno per i tre figli minori.

CARTA FAMIGLIA 

Il comma 391 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha istituito la Carta della famiglia, destinata alle famiglie di cittadini italiani o di cittadini stranieri regolarmente residenti nel territorio italiano, con almeno tre figli minori a carico. La Carta, di durata biennale, è emessa dai Comuni su richiesta degli interessati e consente l’accesso a sconti sull’acquisto di beni o servizi ovvero a riduzioni tariffarie concesse dai soggetti pubblici o privati che intendono contribuire all’iniziativa. Non è stato finora emanato il decreto interministeriale (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dello sviluppo economico  e MEF) che avrebbe dovuto definire, sulla base dell’ISEE, i criteri e le modalità necessari all’attuazione della misura. Riguardo al ritardo e alle difficoltà legate all’attuazione della misura, si rinvia alla risposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali nel corso del question time della seduta del 3 novembre 2016.

BUONO PER IL PAGAMENTO DI RETTE RELATIVE ALLA FREQUENZA DI ASILI NIDO 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legge 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l’erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa 90,9 euro mensili, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. 

Il buono è riferito ai nuovi nati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni. 

Le modalità di attuazione sono state stabilite dal D.p.c.m. 17 febbraio 2017 Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) – Agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati, pubblicato sulla G. U. n.90 del 18 aprile 2017 che ha specificato che:

  • il genitore richiedente deve essere in possesso della cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell’UE oppure, in caso di cittadino di Stato extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia;
  • per accedere al beneficio,  il genitore richiedente presenta domanda all’INPS tramite i canali telematici, indicando, al momento della domanda stessa, a quale fattispecie (pagamento retta asilo o supporto presso la propria abitazione)  intende accedere;
  • i benefici sono cumulabili con i voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero con il contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati;
  • per ciascun anno, a decorrere dal 2017, le domande possono essere presentate entro il 31 dicembre e il beneficio è erogato, secondo l’ordine di presentazione telematica delle domande, nel limite di spesa di 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019, e di 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Superato il limite di spesa non verranno prese in considerazione ulteriori domande.

CONTRIBUTI PER L’ASILO NIDO E VOUCHER BABYSITTER 

L’articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 92/2012 ha introdotto in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, voucher per l’acquisto di servizi di babysitting, ovvero un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio, per un massimo di sei mesi. La richiesta può essere presentata anche dalla lavoratrice che abbia usufruito in parte del congedo parentale.

Il decreto 28 ottobre 2014, ha definito i criteri di accesso e le modalità di utilizzo del beneficio.

Il beneficio consiste nelle seguenti forme di contributo, alternative tra loro:

  1. contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati;
  2. voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting.

L’importo del contributo è  di 600,00 euro mensili ed è erogato per un periodo massimo di sei mesi (tre mesi per le lavoratrici iscritte alla gestione separata), divisibile solo per frazioni mensili intere, in alternativa alla fruizione del congedo parentale, comportando conseguentemente la rinuncia dello stesso da parte della lavoratrice. Le lavoratrici part-time potranno fruire del contributo in misura riproporzionata in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.

La legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), al comma 282, ha prorogato per il 2016 le norme sopra illustrate (di rango legislativo e secondario). Anche per il 2016, il contributo è corrisposto nell’ambito di un limite di spesa, pari a 20 milioni di euro. Resta fermo che ad ogni quota mensile di contributo consegue la riduzione di un mese della durata massima del congedo parentale. Il comma 283 estende l’applicazione sperimentale di cui al precedente comma 282 alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, nel limite di spesa di 2 milioni di euro (per l’anno 2016).

E’ stata demandata ad un decreto (di natura non regolamentare) del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il MEF, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge di stabilità, la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo del beneficio per le nuove categorie interessate. Il decreto (DM 1 settembre 2016) è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.252 del 27 ottobre 2016.

Ferme restando le modalità attuative, la legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 356 e 357, della legge 232/2016) ha prorogato per il biennio 2017-2018 il beneficio in questione sia per le lavoratrici dipendenti e iscritte alla Gestione separata – nel limite di spesa di 40 milioni di euro per ciascuno dei due anni – sia per le lavoratrici autonome e imprenditrici – nel limite di spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del biennio.

 

FONDO PER I NUOVI NATI 

Il decreto legge 185/2008, articolo 4, comma 1 e 1-bis, ha istituito il Fondo di credito per i nuovi nati presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Fondo è finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fidejussorie, alle banche ed agli intermediari finanziari. Infatti, il Fondo garantisce, per il 50 per cento dell’importo, prestiti fino a 5.000 euro, con tasso fisso agevolato, a famiglie nelle quali sia nato o sia stato adottato un bambino. L’art. 12 della legge di stabilità 2012 (legge 183/2011) lo ha rinnovato fino al 2014. La dotazione iniziale del Fondo, pari a 75 milioni, nel 2009 è stata integrata di 10 milioni di euro per la corresponsione di contributi in conto interessi in favore delle famiglie di nuovi nati, o con bambini adottati, portatori di malattie rare. 

La legge di stabilità per il 2014 (legge 147/2013), al comma 201, senza assegnare nuovi finanziamenti, ha ridisegnato il Fondo con la finalità espressa di contribuire alle spese per il sostegno di bambini nuovi nati o adottati, appartenenti a famiglie residenti a basso reddito. Il Fondo, istituito, per l’anno 2014, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato rinominato “Fondo per i nuovi nati“. Nel Fondo sono confluiti i circa 22 milioni di euro residui del precedente «Fondo di credito per i nuovi nati», contestualmente soppresso. I criteri per l’erogazione dei contributi nei limiti delle disponibilità del Fondo, l’ISEE di riferimento e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo devono essere stabiliti con D.P.C.M.

Infine, il decreto 23 giugno 2016, Concessione del contributo una tantum per il sostegno di bambini nati nel corso dell’anno 2014 appartenenti a famiglie residenti a basso reddito previsto dall’art. 1, comma 201, della stabilità 2014 (legge 147/2013) ha trasferito le risorse residue, pari a 33,5 milioni di euro per l’anno 2014, sul Fondo Carta acquisti. L’importo del contributo una tantum è pari ad euro 275,00. L’importo è erogato a favore:

  • dei nati nel 2014, già beneficiari della Carta Acquisti Ordinaria. In tal caso, trattandosi di importo aggiuntivo, verrà erogato solo ai soggetti che hanno già diritto all’accredito bimestrale della Carta Acquisti in modo automatico;
  • dei nati o ai minori adottati nel 2014 non beneficiari della carta acquisti ordinaria. In questi casi l’importo una tantum verrà concesso a seguito di specifica domanda volta ad ottenere la Carta acquisti da presentare entro il 16 novembre 2016.

 

FONDO DI SOSTEGNO ALLA NATALITÀ 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il “Fondo di sostegno alla natalità”, con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per il 2019, 13 milioni di euro il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.

Il fondo è diretto a favorire l’accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.

Un decreto del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, definirà i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.

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