E’ il pm che individuò e fece condannare mandanti ed esecutori delle stragi ’93-‘94
Tra il 27 maggio e il 27 luglio 1993 l’Italia pianse dieci innocenti, decine di feriti e danni irreparabili al patrimonio artistico. A 18 anni di distanza le oscure ragioni di quella strategia terroristica, che oltre Firenze colpì Roma e Milano, sono state quasi del tutto individuate: gli uomini che azionarono le autobombe in nome e per conto della mafia siciliana (ovvero Cosa Nostra), e chissà per quali altri mandanti, volevano costringere lo Stato a far marcia indietro sul ‘carcere duro’ per i boss mafiosi e sulla legge sui pentiti.
Oggi, a nove anni dalla scomparsa, Firenze ricorda Gabriele Chelazzi, il pubblico ministero che ha coordinato le indagini sulle autobombe del ’93-‘94: l’attentato a Maurizio Costanzo (a Roma), la strage di via dei Georgofili a Firenze e quelle di via Palestro a Milano e le due di Roma, a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro (oltre al fallito attentato al pentito Salvatore Contorno nell’aprile 1994).
L’occasione è la presentazione del libro ‘Pentiti. I collaboratori di giustizia, le istituzioni, l’opinione pubblica’ (Donzelli editore) di Alessandra Dino, docente di sociologia giuridica dell’università di Palermo. L’incontro, presieduto Enrico Ognibene, presidente del Tribunale di Firenze, sarà aperto dall’assessore alla legalità Rosa Maria Di Giorgi.
Interverranno Caterina Romagnoli Chelazzi, moglie del magistrato, il procuratore aggiunto Giuseppe Soresina, Piero Luigi Vigna, procuratore onorario della Corte di Cassazione ed ex procuratore nazionale antimafia; Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini, entrambi sostituti procuratori della procura generale di Firenze, l’avvocato Danilo Ammannato, avvocato di parte civile nel processo per le stragi del ’93-’94, Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.
Grazie al lavoro di questo investigatore scrupoloso, magistrato di grande rigore morale e professionale Gabriele Chelazzi, e a quello dei colleghi Piero Luigi Vigna, Francesco Fleury, Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini, boss e gregari di Cosa Nostra sono stati condannati definitivamente quali mandanti ed esecutori di quella stagione di terrore.
Tra questi i capi della mafia siciliana condannati dalla corte d’assise di Firenze: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano, Matteo Messina Denaro.
Il processo si aprì a Firenze il 12 novembre 1996 e si è chiuso in Cassazione il 6 maggio 2002: un ‘record’ nell’Italia delle stragi impunite.
Negli ultimi anni Chelazzi era entrato a far parte della direzione nazionale antimafia ed era stato distaccato nel capoluogo toscano per seguire ulteriori indagini sulle stragi mafiose: i cosiddetti ‘mandanti a volto coperto’ come li definì l’allora procuratore di Firenze Vigna. Su questo fronte le inchieste (il loro numero di fascicolo 3197/96 r.n.r.) aperte (ma tutte archiviate) sono quattro. I magistrati della procura hanno riaperto il fascicolo dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza (killer di don Puglisi a Palermo e condannato per le stragi del ’93 dalla corte d’assise di Firenze).
Gabriele Chelazzi è morto per infarto, a Roma, nella notte fra il 16 e il 17 aprile 2003 ed è stato insignito del Fiorino d’Oro.
«Un incontro significativo – ha sottolineato l’assessore alle legalità Rosa Maria Di Giorgi – che riporta l’attenzione sul tema della mafia nei nostri territori attraverso la presentazione del libro di Alessandra Dino sui pentiti in ricordo del magistrato Gabriele Chelazzi. La città non deve e non può dimenticare la strage del 27 maggio 1993 e deve fare sì che questo tragico episodio, che ha sconvolto Firenze, si trasformi in una occasione continua di approfondimento sul tema della mafia e della legalità per i giovani che, anche attraverso le iniziative delle associazioni e delle istituzioni locali, devono conoscere ed essere in grado di giudicare il mondo circostante riconoscendo l’illegalità strisciante e diffusa e rifuggendone».
«L’amministrazione – ha aggiunto Rosa Maria Di Giorgi – ha come proprio obiettivo quello di lavorare nelle classi coni giovani per fare sì che essi diventino cittadini consapevoli e che, con l’aiuto degli insegnanti riescano a distinguere le grandi e le piccole illegalità, i reati e quanto contribuisce a rendere schiava gli i individui.
Per questo, da due anni, invitiamo i magistrati fiorentini nelle classi delle scuole secondarie di primo grado per confrontarsi sul valore della libertà, delle regole e dei principi costituzionali alla base della convivenza